Welfare

Caro carcere ti scrivo Così evado un po’

Da un’idea di don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile di Milano, nasce un sito Internet. In cui i mini detenuti danno sfogo a paure, speranze, lamentele e riflessioni. Le loro storie in una

di Redazione

L?importante è uscire. Realmente o virtualmente è quasi secondario. Quello che conta è volare, o meglio, navigare. Su Internet, naturalmente. E così i ragazzi detenuti nell?Istituto di pena minorile Cesare Beccaria di Milano hanno pensato di sfruttare la Rete per comunicare, per farsi conoscere, insomma per uscire.
Il progetto si chiama ?Rap on line? e nasce dalla collaborazione tra Glamm Interactive e don Gino Rigoldi, il cappellano del carcere minorile di Milano. L?idea è di servirsi della tecnologia a vantaggio dei ragazzi in galera. È nato così il sito www.glamm.com/rap, curato da Claudia Paltrinieri, che raccoglie, tra le altre cose, i messaggi dei ragazzi. Uno spaccato della vita dentro il carcere, ma anche una finestra aperta sulla libertà.
Le pagine contengono lettere, poesie, canzoni, tutto quello che i mini detenuti vogliono far conoscere di sé. Senza mezzi termini. «Non so se sia possibile prevenire i delitti», scrive Napo C. «So di sicuro che le botte e la galera non migliorano nessuno». Perché «il carcere può servire a certi ragazzi», incalza Dela, «ma solo se dura poco. L?arresto ha cambiato qualcosa in me, però se dura troppo finisci pazzo, diventi più cattivo». E il problema è proprio questo. Ne è sicuro Emanuele Bussi, ideatore dell?iniziativa: «Sul come mai questi ragazzi sono finiti dentro, ormai non possiamo farci più nulla. Dobbiamo preoccuparci di quando usciranno: il primo mese fuori è il più critico e se non hanno qualcosa cui aggrapparsi tornano nel giro». In una città che non guarda in faccia a nessuno, che nasconde tra le sue pieghe storie di povertà, di emarginazione, di disperazione. Come dice un Anonimo, nella sezione ?Mi là no!?. Né in carcere, né a Milano: «Nei miei palazzi c?è poca gente a posto. Quasi tutte le famiglie devono arrangiarsi come possono per campare. Fuori non è come stare in centro, non c?è proprio niente di bello nel quartiere, solo palazzi e palazzi, la scuola, la chiesa e l?oratorio… Le case non sono come quelle che vedi alla televisione, sono case popolari che fuori sembrano proprio un letamaio, ma dentro alcuni le hanno messe bene, però solo chi ha trovato i soldi per farlo. Chi guadagna poco non riesce a sistemare la sua casa e così è brutto viverci». E chi avrebbe voglia di starci? Mi là no!
Ma tra i ragazzi del Beccaria, c?è anche chi non ha il desiderio di avere tanti soldi. Come dice ne ?Il diario di un cattivo? Mike V.: «Un giorno per scherzo decidemmo di andare a fare una rapina. E quel giorno fu fatale perché da lì prendemmo gusto ad avere tanti soldi. Ci comandavano loro, ormai. I soldi ci permettono di toglierci tutte le voglie, anche le più proibite. Ora me ne pento perché non ne vale la pena. Ho capito che se guadagni i soldi col lavoro, li sudi e allora li usi bene. Se cominci a rubare, i soldi ti rovinano. Finisci indemoniato». Saggezza minorile. Ma anche incoscienza minorile, quella di Don Ferrante: «Milano è piena solo di polizia; allora ti diverti con quella. ?Tu hai i deliri?. ?Io ho solo un trip per la noia?. Rapina al super. I poliziotti minacciano di spararmi. Poi sparavano, ma io ero immortale e urlavo: ?Sparate, sparate pure, sono Superman?. Quelli continuavano a sparare e io non sentivo i colpi. Sono finito all?ospedale». Tanti pesciolini alla deriva, finiti in Rete. Per cercare di uscire.

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